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Obbligo residenza prima casa

Immagine del redattore: Francesco RussoFrancesco Russo



La sola residenza non basta per ottenere le agevolazioni fiscali: è necessario anche il requisito della dimora abituale.


Lo Stato non può obbligarti a essere residente in un luogo piuttosto che in un altro, a meno che non intendi usufruire delle agevolazioni fiscali sulla prima casa. In tale ipotesi, infatti, la normativa stabilisce dei vincoli ben precisi. Vincoli che, se violati, implicano sanzioni tributarie piuttosto elevate.

Corre allora la necessità di informarsi bene in merito all’obbligo di residenza prima casa in modo da evitare possibili contestazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Di tanto hanno parlato spesso le aule di tribunale e, in particolare, le Commissioni Tributarie a cui è stato chiesto se il semplice fatto di vivere in un appartamento possa bastare per usufruire del bonus. Di recente, la stessa Cassazione [1] ha fornito un importante chiarimento. Ne parleremo nella presente guida.


In particolare, affronteremo tutte le questioni legate all’obbligo di residenza prima casa in relazione a due diversi aspetti: le agevolazioni fiscali sull’acquisto dell’immobile e quelle previste, invece, sull’Imu. Ma procediamo con ordine.

Posso essere residente dove voglio?

Per anni, gli italiani hanno fissato la propria residenza a proprio piacimento, indipendentemente dal luogo ove abitavano. Il tutto per non pagare le imposte sulla casa o per “staccare” gli Isee, in modo da godere di benefici socio-assistenziali altrimenti non dovuti.

La giurisprudenza però, traendo spunto da una serie di accertamenti fiscali, ha ricordato alcuni saldi principi della materia:

nessun italiano può essere irreperibile, ma deve sempre fornire una propria residenza;la residenza non è libera, ma deve per forza coincidere con il luogo ove il soggetto vive in gran parte dell’anno (salvi ovviamente gli spostamenti occasionali dovuti al lavoro, alle vacanze, ad esigenze temporanee, ecc.). Tale luogo è detto «dimora abituale». Dunque la residenza deve, per forza, coincidere con la dimora abituale;la dichiarazione all’Anagrafe di una falsa residenza, ossia di un luogo ove non si abita, costituisce un reato, quello di «falso in atto pubblico»;il soggetto che non dovesse risultare effettivamente residente nel luogo indicato (a seguito di segnalazione di postini, polizia o altri pubblici ufficiali), viene dichiarato irreperibile. L’irreperibilità, che non è automatica ma scatta solo dopo accurate e lunghe verifiche (che a volte si protraggono un anno) comporta una serie di decadenze come la perdita del diritto di voto, o ad ottenere un medico di base, un certificato anagrafico, ecc.;in ogni caso, le notifiche nei confronti del soggetto irreperibile vengono fatte con deposito alla Casa Comunale e, pertanto, sono ugualmente valide;se il Comune dovesse rilevare che il soggetto non residente ha usufruito di agevolazioni fiscali sull’Imu, può chiedere il pagamento delle imposte maturate negli ultimi cinque anni. L’accertamento dell’assenza di dimora viene fatto anche tramite il controllo sulle utenze (se i consumi sono bassi è verosimile che l’immobile sia disabitato);il contribuente che dichiara falsamente di non essere più residente con i genitori solo per avere un Isee più basso e godere di agevolazioni può essere incriminato per truffa.

Prima casa: quando la residenza è obbligatoria?

Attorno alla casa gravitano due agevolazioni fiscali:

la prima è quella sull’Iva o sull’imposta di registro che si versa al momento dell’acquisto ed è chiamata bonus prima casa;la seconda è quella sull’Imu che si versa annualmente oggi solo sulle “seconde case”.

Parleremo di queste due ipotesi qui di seguito in modo che si possa comprendere quando la residenza nella prima casa è obbligatoria.

Bonus prima casa e residenza

Il cosiddetto bonus prima casa prevede un forte sconto sulle tasse da pagare al notaio all’atto dell’acquisto, della donazione o della successione ereditaria di un immobile.

In particolare:

per acquisti da ditta di costruzione: si versa l’Iva al 4% anziché al 10%. L’imposta di registro, ipotecaria e catastale sono di 200 euro l’una anziché essere calcolate in via proporzionale;per acquisti da privati, successioni e donazioni: si versa l’imposta di registro al 2% anziché al 9%. In più, l’imposta ipotecaria e catastale sono di 50 euro l’una anziché essere calcolate in via proporzionale.


Per ottenere questo enorme risparmio è necessario, tra le altre cose, avere la residenza nello stesso Comune ove si trova il nuovo immobile acquistato. Si può, quindi, fissare la residenza anche in una via diversa da quella ove è collocata la prima casa appena comprata (cosa che succede, ad esempio, se si acquista un appartamento per darlo poi in affitto).

Tale residenza va trasferita entro 18 mesi dalla firma del rogito. In caso contrario, bisogna versare allo Stato le imposte risparmiate al rogito con le sanzioni al 30%.

La Cassazione è stata molto precisa sul punto: non basta abitare nell’immobile in questione, ossia avere all’interno di esso la propria dimora abituale. È necessario anche il trasferimento della residenza.

La legge stabilisce, infatti, che «requisito necessario per poter usufruire dell’agevolazione ‘prima casa’ è che l’immobile sia ubicato nel Comune in cui l’acquirente abbia già la propria residenza, o, in alternativa, che ivi si stabilisca entro diciotto mesi dall’acquisto». Ne deriva che «condizione indispensabile per non decadere dal beneficio fiscale è che l’acquirente, a meno che non sia già residente nel territorio del Comune ove è ubicato l’immobile, provveda a trasferirsi in detto Comune entro il termine, di natura perentoria, di diciotto mesi dall’acquisto».

Tirando le somme, «la prova dell’elezione ad abitazione principale è solo il trasferimento anagrafico della residenza, unico elemento dotato di certezza poiché verificabile, da parte dell’amministrazione, presso il Comune ove è sito l’immobile». E il requisito fondamentale può essere dimostrato solo attraverso un certificato anagrafico; non rileva, invece, una residenza di fatto.


Quanto agli altri requisiti per ottenere il bonus prima casa è necessario che:

la casa non sia di lusso (A/8 o A/9);il contribuente non abbia altre abitazioni nello stesso Comune;il contribuente non abbia altre abitazioni, acquistate con il bonus prima casa, in qualsiasi parte del territorio. In caso contrario, l’immobile va venduto entro 1 anno dal nuovo rogito.

Esenzione Imu e residenza

La legge prevede la totale esenzione dal versamento dell’Imu solo a condizione che sia il contribuente che la propria famiglia abbiano fissato, all’interno dell’immobile in questione:

la residenza;la dimora abituale.

Quindi, il solo fatto di vivere in una casa o di esservi residente non basta. I requisiti devono, infatti, coincidere nello stesso momento.

Dopo quanto tempo cambiare la residenza prima casa?

Una volta usufruito del bonus prima casa è possibile mutare la residenza entro 18 mesi dal rogito senza perciò perdere il beneficio fiscale.

La legge, in realtà, non stabilisce un termine massimo di permanenza della residenza nel Comune ove si trova l’immobile in questione. Tuttavia, si è ritenuto che si debba applicare il termine che la norma concede per il trasferimento della residenza dall’atto di acquisto (termine che, come detto, è di 18 mesi).

Invece, per l’agevolazione Imu è sempre possibile modificare la residenza ma, non appena ciò avviene, si verifica la decadenza dall’esenzione.


fonte ; la legge per tutti

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