Clausole del compromesso non riprodotte nel definitivo, differenze tra preliminare e rogito: cosa prevale? La giurisprudenza recente.
Hai firmato un compromesso per l’acquisto di un appartamento. Nel contratto preliminare, era indicata la possibilità di pagare a rate una parte del prezzo che non è stata riprodotta nel contratto definitivo. In più, era prevista la cessione di un garage che, nell’atto davanti al notaio, non figura. Cosa succede in questi casi? Se il preliminare è diverso dal contratto definitivo quale dei due prevale? Ci sono alcune cose che devi sapere per risolvere questo quesito legale. E la spiegazione te la fornisce la Cassazione in una recente sentenza [1].
Ma procediamo con ordine e vediamo cosa succede nell’ipotesi in cui alcune clausole del compromesso non siano riprodotte nel definitivo
Indice
Preliminare: cos’è e che valore ha
È nella pratica commerciale, in occasione della compravendita di un immobile, arrivare davanti al notaio per la stipula del rogito dopo aver già firmato un contratto preliminare, volgarmente chiamato compromesso.
Questo contratto deve essere registrato, ma può essere siglato su una scrittura privata, anche in assenza di notaio. Esso ha lo scopo di “prenotare” l’affare, vincolando le parti. In particolare, l’una si impegna a vendere e l’altra ad acquistare, in un successivo momento predeterminato, nel compromesso stesso.
In questo modo, si può ottenere maggior tempo prima del rogito, senza rischio di perdere l’opportunità della compravendita, tempo che può essere speso per compiere le attività preliminari al passaggio di proprietà dell’immobile come, ad esempio, la formalizzazione e l’erogazione del mutuo, il trasloco, l’eventuale ottenimento di permessi, autorizzazioni e sanatorie, ecc..
Dunque, il preliminare non trasferisce la proprietà, ma fa sì che le parti non si tirino più indietro.
Differenze tra preliminare e rogito
Proprio perché il preliminare ha una sorta di “effetto prenotativo”, esso viene successivamente assorbito dal contratto definitivo, quello cioè che, stipulato davanti al notaio, serve a trasferire la proprietà (il cosiddetto rogito) con la conseguenza che eventuali difformità tra compromesso e rogito si risolvono facendo prevalere quest’ultimo.
È, difatti, il contratto definitivo a sostituire tutte le precedenti pattuizioni tra le parti, potendo anche modificarle, sostituirle o cancellarle del tutto. Insomma, tutto ciò che non viene scritto nel contratto definitivo non ha valore anche se riportato nel compromesso. Né c’è possibilità di rivalersi contro il venditore che “ha promesso e non mantenuto” perché chi partecipa alla stipula del rogito, lo legge, lo comprende e lo firma dinanzi, peraltro, a un pubblico ufficiale che attesta la presenza e la consapevolezza delle parti circa il contenuto dell’atto stesso.
Insomma, bisogna fare molta attenzione quando si firma un contratto di compravendita e verificare se questo presenta difformità rispetto al preliminare da far valere immediatamente prima della stipula.
Cosa può fare l’acquirente?
Tutto ciò che possono fare l’acquirente ed il venditore per evitare brutte sorprese è telefonare allo studio notarile incaricato di redigere il rogito e farsi inviare una copia della bozza qualche giorno prima, in modo da sottoporla ad attenta analisi e verifica di corrispondenza con il preliminare. Se vi dovessero essere difformità, la parte interessata può rifiutarsi di sottoscrivere il definitivo per via del contenuto non concordato in anticipo. Dopo di ciò, si può ricorrere al giudice e chiedere una di queste soluzioni:
o lo scioglimento dal contratto (la cosiddetta risoluzione) con restituzione degli eventuali acconti anticipati e il risarcimento del danno per le spese già sostenute e l’affare perso;oppure il trasferimento coattivo dell’immobile alle condizioni concordate con il preliminare.
Se il contratto definitivo non contiene l’indicazione delle pertinenze
Una soluzione diversa, però, si verifica quando il rogito, che prevede il trasferimento dell’immobile, non cita eventuali pertinenze come box auto, garage, cantina, soffitta. Proprio di recente, la Cassazione [2] ha detto che le pertinenze, seppur non menzionate nel contratto definitivo, seguono la stessa sorta del bene principale e, pertanto, la relativa proprietà si trasferisce automaticamente. In questo caso, dunque, la mancata indicazione della pertinenza nel contratto definitivo – sia che fosse stata menzionata nel preliminare o meno – non rileva e l’acquirente ne può rivendicare comunque la titolarità.
Leggi a riguardo Box auto non citato nell’atto di vendita.
La prevalenza del contratto definitivo sul preliminare
Nella sentenza in commento [1], la Cassazione non fa che ribadire un principio ormai consolidato: quello del cosiddetto “assorbimento del preliminare” o della prevalenza del contratto definitivo sul compromesso. Come già sancito in passato dalla stessa Corte [3], il contratto definitivo costituisce l’unica fonte dei diritti e delle obbligazioni tra le parti. Secondo la dottrina, però, sebbene il contenuto dell’atto pubblico prevalga sul preliminare, quest’ultimo può in astratto essere utilizzato per indagare sulla comune intenzione delle parti, ossia per interpretare nel modo più corretto le clausole ambigue del contratto definitivo.
Al riguardo, la Suprema Corte ha chiarito che il contratto preliminare e il contratto definitivo si differenziano per il diverso contenuto della volontà dei contraenti, che è diretta: nel primo caso, ad impegnare le parti a prestare in un momento successivo il loro consenso al trasferimento della proprietà; nel secondo, ad attuare il trasferimento stesso senza necessità di ulteriori manifestazioni di volontà [4]. Secondo tale orientamento della giurisprudenza, nel caso di differenze tra compromesso e definitivo, si considerano le clausole di quest’ultimo contratto.
Il contratto preliminare determina solo l’obbligo reciproco della stipulazione del contratto definitivo; per cui resta superato da questo, la cui disciplina può anche non conformarsi a quella del preliminare, salvo che le parti non abbiano espressamente previsto che essa sopravviva [5].
È stato ulteriormente puntualizzato in giurisprudenza che la presunzione di conformità del nuovo accordo alla volontà delle parti può, nel silenzio del contratto definitivo, essere vinta soltanto dalla prova – che deve risultare per atto scritto, ove il contratto abbia ad oggetto beni immobili – di un accordo posto in essere dalle stesse parti, contemporaneamente, alla stipula del definitivo, dal quale risulti che altri obblighi o prestazioni, contenuti nel preliminare, sopravvivono al contratto definitivo [6].

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